La responsabilità sanitaria in caso di infezioni post-operatorie segue un principio giurisprudenziale consolidato: è la struttura sanitaria a dover dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire il rischio infettivo. La recente sentenza n. 1833 del 27 dicembre 2024, emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, ha ribadito questo principio, condannando una struttura al risarcimento per un caso di endoftalmite insorta dopo un intervento di cataratta.
Nel caso specifico, il paziente si era sottoposto a un’operazione per la rimozione della cataratta all’occhio destro. Dopo appena due giorni, ha sviluppato un’infezione intraoculare grave, nota come endoftalmite. Sebbene la causa esatta dell’infezione non fosse identificabile con certezza, il tribunale ha riscontrato gravi lacune nella documentazione clinica fornita dalla struttura sanitaria.
Dall’analisi della cartella clinica è emerso che non erano stati annotati i protocolli adottati per la prevenzione delle infezioni. Inoltre, l’istruttoria ha evidenziato che il personale non aveva seguito correttamente le linee guida previste per gli interventi oculari, aggravando il quadro probatorio a carico della struttura.
Secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, nei casi di infezioni post-operatorie l’onere della prova ricade sull’ospedale o sulla clinica. È compito della struttura dimostrare:
l’adozione di protocolli efficaci contro il rischio infettivo;
la corretta applicazione delle misure previste;
una tracciabilità completa e dettagliata degli interventi effettuati.
Nel caso in esame, l’assenza di queste evidenze è stata interpretata come negligenza medica, e ha portato alla condanna della struttura al risarcimento del danno biologico subito dal paziente.
Determinante è stato anche l’applicazione del principio del “più probabile che non”, secondo cui in ambito civile non è necessario dimostrare il nesso causale con assoluta certezza, ma è sufficiente che l’infezione sia con elevata probabilità collegabile alla condotta omissiva della struttura sanitaria. Questo principio ha rafforzato ulteriormente la posizione del paziente in giudizio.
Questa pronuncia sottolinea quanto sia essenziale, per le strutture sanitarie, adottare un sistema rigoroso di prevenzione e gestione del rischio clinico. È necessario:
applicare puntualmente le linee guida in materia di igiene e sicurezza post-operatoria;
garantire una documentazione accurata di tutte le attività svolte;
effettuare controlli interni regolari sull’aderenza ai protocolli sanitari.
La sentenza del Tribunale di Reggio Calabria rappresenta un ulteriore richiamo all’importanza della trasparenza documentale e della corretta gestione del rischio infettivo. La mancanza di prove scritte a tutela della struttura non solo ne indebolisce la difesa legale, ma può trasformarsi in una responsabilità civile piena. Il rispetto delle procedure, quindi, non è solo un dovere formale, ma un requisito imprescindibile per garantire la sicurezza dei pazienti e la tutela della propria posizione giuridica.