Hai mai avuto un familiare vittima di un’infezione ospedaliera? Ecco cosa devi sapere per far valere i tuoi diritti

Quando si verifica una morte a causa di un’infezione nosocomiale – cioè contratta all’interno di una struttura sanitaria – il danno che ne deriva può assumere due forme giuridicamente distinte, che è fondamentale conoscere per agire correttamente in giudizio. Da un lato, vi è il cosiddetto danno iure hereditatis, ovvero quello che gli eredi della vittima possono far valere in sua vece. In questo caso, il familiare agisce non per un danno proprio, ma per quello che il defunto avrebbe potuto rivendicare se fosse rimasto in vita, legato alla cattiva esecuzione della prestazione sanitaria. Subentrando nella posizione del paziente, l’erede può invocare la responsabilità contrattuale prevista dall’articolo 1218 del codice civile. Ciò comporta l’onere, per chi agisce, di dimostrare il nesso di causalità tra l’inadempimento della struttura sanitaria o del medico e l’evento dannoso, in questo caso la morte. Sarà invece la struttura sanitaria o il medico a dover provare l’assenza di tale nesso, per liberarsi da responsabilità.

Completamente diverso è il caso in cui si verifichi una morte immediata, ad esempio durante un intervento chirurgico mentre il paziente è sedato. In questo scenario non si genera alcuna pretesa creditoria in capo alla vittima, perché non vi è stato il tempo materiale per maturarla. Tuttavia, la perdita del rapporto parentale rappresenta un danno per il familiare in quanto tale, ed è definito danno iure proprio. Si tratta di un pregiudizio che non deriva dal contratto tra paziente e struttura sanitaria, ma da un fatto illecito che incide direttamente sulla sfera affettiva del congiunto sopravvissuto. Questo tipo di danno è regolato dall’articolo 2043 del codice civile, e chi lo subisce deve dimostrare non solo il danno subito, ma anche la colpa della struttura sanitaria o del medico.

In entrambi i casi, chiarire in giudizio se si sta agendo per un danno iure hereditatis o iure proprio è essenziale, poiché i due regimi seguono logiche completamente diverse. Il primo si basa su un vincolo contrattuale e sposta l’onere della prova in capo al convenuto; il secondo, invece, impone al familiare che agisce di dimostrare l’illecito e il nesso causale.

Nel contesto delle infezioni ospedaliere, dove spesso è difficile reperire prove dirette, diventa cruciale il ricorso alle prove presuntive. In assenza di allegazioni da parte del convenuto, spetta comunque alla struttura sanitaria dimostrare di aver osservato tutte le misure di sicurezza previste, secondo i protocolli dettati anche dalla giurisprudenza di legittimità – come nel noto decalogo della Corte di Cassazione – nonché l’assenza di legame causale tra la condotta e l’evento dannoso.

Essere informati su questi aspetti può fare la differenza tra l’avere giustizia e il veder svanire ogni possibilità di risarcimento. Se pensi di aver subito o di aver perso un familiare a causa di un’infezione ospedaliera, conoscere la corretta qualificazione del danno è il primo passo per tutelare i tuoi diritti.