Danno Biologico terminale o danno tanologico

Il danno biologico terminale, anche detto danno tanatologico, si riferisce alla perdita della vita causata da un fatto illecito altrui. Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, in caso di morte immediata o sopraggiunta a breve distanza dal sinistro, tale danno non è risarcibile iure hereditatis, poiché il diritto al risarcimento non può nascere in capo a chi muore istantaneamente o senza stato di coscienza cosciente tra l’evento lesivo e il decesso.

La Corte di Cassazione, in più occasioni, ha affermato che “in assenza di prova della sussistenza di uno stato di coscienza della vittima nel breve intervallo tra l’evento e la morte, la lesione del diritto alla vita non può essere risarcita nemmeno come danno biologico. Non è concepibile, infatti, che il diritto al risarcimento derivi dal fatto stesso della morte”.

In tale contesto, e considerando che il risarcimento civile ha natura riparatoria e non sanzionatoria, è stato precisato che ai congiunti della vittima spetta esclusivamente il risarcimento del danno non patrimoniale per la lesione del rapporto parentale, ma non il risarcimento per il danno biologico terminale iure hereditatis.

Questo orientamento è stato consolidato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la storica sentenza n. 15350 del 22 luglio 2015, che ha ribadito il principio secondo cui non sussiste un diritto trasmissibile agli eredi in caso di morte immediata o sopraggiunta in un brevissimo lasso di tempo. In queste situazioni, il danno alla salute non si consolida in un diritto risarcibile della vittima, poiché manca il tempo necessario perché essa possa percepirne la lesione.

Per colmare questa lacuna di tutela, la giurisprudenza ha elaborato la categoria del danno biologico terminale: si tratta della lesione alla salute subita dalla vittima prima del decesso, risarcibile solo se tra l’evento lesivo e la morte intercorre un lasso di tempo significativo. In questo arco temporale, se vi è uno stato cosciente di sofferenza fisica o psichica, si configura un diritto risarcibile trasmissibile agli eredi, in quanto la persona ha effettivamente subito una compromissione della propria integrità psicofisica prima della morte.

In sintesi:

  • Il danno tanatologico puro non è risarcibile iure hereditatis, se la morte è immediata o sopravviene senza consapevolezza;
  • Il danno biologico terminale è risarcibile solo in presenza di una sopravvivenza cosciente e significativa dopo l’evento lesivo;
  • Gli eredi possono agire per il risarcimento solo se vi è prova della sofferenza subita dalla vittima in vita, prima del decesso.

Questo orientamento mira a tutelare concretamente la dignità e la sofferenza del soggetto leso, evitando che il risarcimento si trasformi in un indebito arricchimento quando la morte è istantanea e priva di consapevolezza, ma allo stesso tempo riconoscendo pieno diritto al risarcimento quando la vittima ha affrontato un periodo, anche breve, di agonia e sofferenza prima del decesso.